Il 4 luglio 2001 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 sulla “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300” (“D.Lgs. 231/2001” o “Decreto”) che ha introdotto per la prima volta in Italia il principio della responsabilità amministrativa diretta degli enti per i reati commessi, nel loro interesse o a loro vantaggio, da:
a) persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente;
b) persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno di tali soggetti.
Tradizionalmente, infatti, il diritto penale trova applicazione solo nei confronti delle persone fisiche in virtù del brocardo “societas delinquere non potest”, che esclude l’imputabilità alle entità giuridiche di illeciti penali. Tale principio è affermato dall’art. 27 della Costituzione che sancisce la natura assolutamente personale della responsabilità penale.
In aderenza alla Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla protezione degli interessi finanziari, al Protocollo di Bruxelles del 26 novembre 1996 e alla Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla corruzione di pubblici ufficiali dell’Unione Europea, il D.Lgs. 231/2001 ha mutato radicalmente questa impostazione, chiamando gli enti a rispondere, a titolo di responsabilità amministrativa, di determinate fattispecie di reati ove commessi, nel loro interesse o a loro vantaggio, dai cosiddetti “soggetti apicali” o dalle persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di tali soggetti.
Il D.Lgs. 231/2001 ha quindi la finalità di coinvolgere nella punizione di taluni reati il patrimonio degli enti che, in forza del principio succitato, in passato non subivano le conseguenze dei reati commessi a loro vantaggio o nel loro interesse da propri amministratori e/o dipendenti.
Il D.Lgs. 231/2001 si applica a tutti i tipi di organizzazioni e di entità, siano o meno costituite secondo l’ordinamento giuridico italiano.
La “responsabilità” di cui al Decreto Legislativo 231/2001 è definita “amministrativa” solo in ragione degli ostacoli esistenti, per le ragioni evidenziate, al riconoscimento di una vera e propria responsabilità penale in capo alle persone giuridiche. Tuttavia, da più parti, si ritiene che la disciplina in esame abbia in realtà introdotto nel nostro ordinamento una vera e propria responsabilità penale della persona giuridica, come tale, accertata dal giudice ad istanza del Pubblico Ministero nel rispetto delle norme sul procedimento penale e definita “amministrativa” solo per la necessità di raggiungere un “compromesso legale” tra la necessità di coinvolgere, nella punizione di alcuni illeciti di natura penale, il patrimonio della persona giuridica che se ne avvantaggia e l’esigenza di rispettare i limiti imposti dalle norme costituzionali.
La responsabilità di cui al D.Lgs 231/2001 consegue automaticamente alla commissione di solo alcune fattispecie di reato, da parte di persone funzionalmente collegate all’ente. Il D.Lgs. 231/2001 ha quindi innovato l’ordinamento giuridico italiano, rendendo applicabili alle società, e agli enti in generale, in via diretta ed autonoma, sanzioni pecuniarie e sanzioni interdittive per i reati commessi, nel loro interesse o a loro vantaggio, da soggetti alla stessa funzionalmente legati.